Sette Proiettili
Il click del caricatore della pistola
aveva la stessa intensità di un'esplosione atomica all'interno delle
orecchie di Jack. Aveva contato i proiettili per essere sicuro di
averne almeno uno in più.
Sette proiettili: uno per la guardia
all'ingresso (da sparare rigorosamente nella gamba), uno per
incrinare il vetro rinforzato per poi sfondarlo con il calcio, uno da
sparare in alto per spaventare i clienti, poi avrebbe urlato la frase
di rito, un altro colpo in aria, avrebbe puntato la pistola contro la
cassiera e sparato dietro di lei, avrebbe aspettato con la borsa
aperta il bottino, poi avrebbe sparato un colpo nel nulla e sarebbe
scappato. Nessun morto, sei proiettili usati, uno ancora in canna per
le emergenze.
Jack odiava gli sprechi, ogni
proiettile costava almeno un dollaro e lui in ogni rapina rischiava
la vita.
Quelli erano soldi veramente sudati,
mica come lavorare in ufficio. Lui metteva in gioco tutto se stesso,
non rimaneva con il culo poggiato sulla sedia a premere tasti a caso
sul computer. Lui non solo doveva pianificare tutto nei minimi
particolari e minimizzare gli imprevisti ma doveva anche cacciare le
palle.
Quante doti servivano per poter fare il
rapinatore? Tante. Se Jack avesse stillato un curriculum di quello
che sapeva fare avrebbe fatto impallidire i dirigenti delle più
grandi società. Era un esperto in elettronica ed informatica per
disattivare i sistemi d'allarme che puntualmente i cassieri
impertinenti attivavano. Era un esperto di meccanica per tener pulite
le armi e saperle smontare velocemente per nasconderle una volta in
fuga. Era un attore esperto, per poter improvvisare sia durante la
rapina sia dopo il colpo, magari davanti alla polizia. E poi era un
tiratore bravissimo, uno psicologo (capire gli stati d'animo delle
persone era fondamentale per evitare colpi di testa), riusciva a
contare i soldi soltanto guardandoli, e soprattutto non si faceva
fregare mai.
Però Jack doveva ammettere a se stesso
che l'adrenalina che gli dava il rischio non riusciva a darglielo
nient'altro. Era per quello che aveva iniziato. Non aveva mai avuto
bisogno impellente di denaro. I genitori erano ricchi e gli avevano
lasciato un paio di appartamenti giù in centro, che gli davano una
discreta rendita mensile. Però per lui non era soddisfacente
guadagnare senza fare nulla. In fondo gli avevano sempre insegnato il
valore dei soldi veniva dal sudore della fronte e lui se li sudava
più di ogni altro.
Alzò lo sguardo, osservando quello che
lo circondava nel piccolo e buio appartamento. Il televisore, la
cucina, la lavatrice. Ma anche il pacco di biscotti che perdeva le
briciole sul tavolo o la bottiglia di vino rosso di quarta categoria
che vegetava nella credenza. Erano stati tutti comprati con il sudore
della sua fronte e il rischio della sua pelle, e per lui valevano
miliardi non il classico prezzo da listino.
Mentre osservava la stanza vide
l'orologio. Segnava le 16 e 55. La banca chiudeva alle 18, e sapeva
per esperienza che il momento migliore per fare visita ad una banca
era poco prima della chiusura: pochi clienti e molti soldi. Doveva
muoversi se voleva evitare l'ingorgo tra la quinta e la Sanford.
Prese la sua borsa nera. Indosso la giacca e controllò che nella
tasca ci fosse il passamontagna.
Controllò per l'ultima volta la
pistola. Guardò i sette proiettili nel caricatore.
“Crepi l'avarizia” pensò. E ne
mise un altro.
Nessun commento:
Posta un commento