sabato 14 maggio 2011

La fine del mondo.


Lui vide il mondo intorno a se e ne ebbe paura.
Ogni giorno guerre, inquinamento, furti e crudeltà immotivata si riflettevano nei suoi occhi lasciandolo stordito e tremante. L'umanità stava raggiungendo livelli infimi e, per lui, era ovvia la prossima vendetta del fato. Una spada di Damocle pendente sulla testa dei giusti e degli giusti, appesa ad un filo ogni momento più sottile.
Poi gli annunciarono la fine del mondo.
Non gli era difficile crederlo. Una giusta vendetta per un mondo malato. La degna punizione karmica. Dio che distrugge Sodoma e Gomorra. Il buio totale alla fine del tunnel.
Spaventato da quell'annuncio allora si rinchiuse all'interno di un bunker. Tagliò tutti i contatti, con la famiglia, con gli amici, con il lavoro. Si procurò diversi volumi da leggere nella sua permanenza in attesa della fine del mondo, pacchi di scatolette di cibo, e iniziò il suo esilio forzato per sopravvivere alla catastrofe più grande di tutti i tempi.
Così passarono i giorni, crebbero e diventarono anni, ma alla fine invecchiarono e furono più simili ai decenni. Più volte si domandò se all'esterno del suo piccolo mondo tutto fosse crollato. Ma non uscì, spaventato dal rischio di essere investito da una pioggia di meteoriti ancora nel pieno dell'apocalisse, o di esser divorato da uno scarafaggio gigante durante la catastrofe nucleare.
Poi quasi mezzo secolo dopo, sentendosi vicino alla morte, logorato dagli stenti e dalla fame, decise di uscire, affrontando l'ignoto con un coraggio che non aveva mai avuto prima.
Lentamente aprì il portellone di metallo, girando il volante arrugginito. Una lunga scala si perdeva nell'oscurità, salendo ripida sino ad un puntino luminoso. La percorse lentamente un passo dopo l'altro, alzando la polvere depositata da decenni. Sentiva il cuore cedere, mentre la stanchezza degli anni di reclusione, pesante come un macigno, gli si appendeva alle spalle.
Sapeva che gli ultimi scalini sarebbero stati anche i suoi ultimi respiri. Cadde perché le gambe non lo reggevano più e lentamente si trascinò con le mani. Gli occhi gli si appannarono, quando uscì a vedere la luce del giorno.
E si rese conto che il suo mondo era in cenere.
Mentre gli altri continuavano la propria vita.

Una vita passata nella paura non è degna di essere vissuta.

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